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“Caravaggio 2025”: luci e ombre di un genio assoluto

È in dirittura d’arrivo a Palazzo Barberini la mostra romana “Caravaggio 2025” dedicata a Michelangelo Merisi da Caravaggio. Aperta a marzo scorso fino al 6 luglio, è stata promossa dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica, in collaborazione con Galleria Borghese, con il supporto della Direzione Generale Musei, Ministero della Cultura e col sostegno del Main Partner Intesa Sanpaolo. A cura di Francesca Cappelletti, Maria Cristina Terzaghi e Thomas Clement Salomon. “Caravaggio 2025” è stato un progetto ambizioso che, per quanto carente di opere importanti dell’indimenticabile Maestro, permette di venire in contatto con sue opere che raramente avremmo visto da comuni viaggiatori e non da storici dell’arte, poiché alcune provenienti da luoghi del mondo non proprio prettamente turistici.



Un riassunto della vita di Caravaggio è d’obbligo: nasce a Milano nel settembre 1571, e muore a Porto Ercole nel luglio 1610. Una vita breve, sregolata, piena di eccessi e di talento, con molte zone d’ ombra in una luce artistica sicuramente unica. Giovanissimo, intorno ai 3-4 anni si trasferisce a Caravaggio, perché il padre è Maestro di casa del Marchese di Caravaggio.  Il Maestro di casa era una via di mezzo tra un maggiordomo e un architetto, una sorta di factotum. A Caravaggio rimarrà fino ai 12 anni circa. Nel frattempo, muore il padre, e muore anche uno zio. Il Marchese di Caravaggio è il marito di una donna appartenente alla Famiglia Colonna, e questo dettaglio è fondamentale, perché Olimpia Colonna proteggerà il pittore in occasione della sua fuga, quando sarà condannato in contumacia alla pena di morte per l’omicidio di cui si macchierà a Roma, quello di Ranuccio Tommasoni, il 28 maggio 1606, nel corso di una rissa. Caravaggio ha pertanto 12 anni quando va in bottega a Milano, da un pittore lombardo piuttosto sconosciuto ai più, tal Simone Peterzano, il quale tiene moltissimo alla sua formazione presso la bottega di Tiziano (infatti, Peterzano si firmerà più volte nei suoi quadro come allievo di Tiziano). L'apprendistato del giovane si protrae per circa quattro anni, durante i quali apprende la lezione dei maestri della scuola pittorica lombarda e veneta. La lezione lombarda ricordiamo che si rifà alla pittura del centro Europa (pittura fiamminga, pittura olandese…quindi, nature morte - e Caravaggio è eccezionale nella realizzazione delle stesse anche nelle pale d'altare – e ritratti). Siamo nella seconda metà del Cinquecento; due mostri sacri dell’arte sono già in vita, cioè Michelangelo Buonarroti e Tiziano. Si tratta di due scuole di tecnica di pensiero completamente diverse e già esistenti. Molte le polemiche tra Venezia e Roma: la scuola romano-toscana del Rinascimento da priorità al disegno, quindi attraverso la copia e lo studio del classico; invece, la scuola veneta da priorità alla costruzione attraverso il colore. Caravaggio conosce tutto questo contesto, ed assorbe sicuramente la lezione lombarda. Inoltre, siamo nell'epoca della Controriforma, che risponde alla Riforma Protestante. Molti re mitteleuropei passano al Luteranesimo e al Protestantesimo. In questo frangente, il papato è in difficoltà, e si danno indicazioni a tutti i livelli -  anche diffusamente  sul territorio -  attraverso le chiese, all'epoca molto frequentate. Gli artisti in primis diventano i principali veicoli della comunicazione, e le direttive impartite sono di sottolineare alcuni tipi di messaggi attraverso le opere d'arte. Questo aspetto diviene fondamentale anche nella pittura di Caravaggio. Quando arriva a Roma, Caravaggio ha passato un periodo tra Milano e non si sa bene dove. Infatti, gli anni dal 1588, anno di scadenza con Peterzano, fino al 1592, ultima testimonianza della sua presenza in Lombardia prima di raggiungere Roma, risultano piuttosto nebulosi. Per tanti anni si è parlato di un suo viaggio a Venezia, ma il Michelangelo Merisi degli inizi non aveva soldi,  quindi questo viaggio è molto difficile che l'abbia compiuto. Qualche studioso afferma che lui sia andato addirittura in guerra. L’aggressività che lo contraddistinse in vita può avere radici anche in questo passaggio? Forse. Nel 1595 sappiamo in ogni caso che Caravaggio già si trova a Roma, città dove fu attivo per gran parte della sua vita artistica, sebbene si fosse formato a Milano. La Roma che lo accoglie è una Roma corrotta, che aveva avuto i lanzichenecchi, nella prima metà del 500.  Intellettuali, scrittori, pittori se n'erano andati, abbandonando la città. Caravaggio vive una Roma estremamente corrotta, estremamente violenta, e la zona romana da lui frequentata è quella della prostituzione e del gioco d'azzardo. Proviamo per un attimo, pertanto, a riportare con la nostra mente questa presunta, risaputa, “romantica” aggressività di Caravaggio al temperamento di una Roma che era già intrinsecamente molto brutale.  Non a caso qui, nel giro di pochi anni, alla fine del 500, viene uccisa Beatrice Cenci, decapitata di fronte Castel Sant'Angelo. Sappiamo che Caravaggio assistette alla sua uccisione. Arriva in città, con questo tipo di cornice sociale, senza un soldo, e con una raccomandazione di uno zio. Viene ospitato da Monsignor Pandolfo Pucci, che lo stesso Caravaggio chiama monsignor Insalata, perché in cambio del soggiorno riceve solo insalata. Inizia a realizzare piccoli ritratti, canestri di frutta e immagini sacre. In questa prima fase, vende attraverso le botteghe dove lui va a lavorare. Molte si trovavano in Via della Scrofa. Roma rappresenta però anche l’incontro con la grande committenza, che cambierà la sua vita: il Cardinal Francesco Maria del Monte, Ambasciatore del Granducato di Toscana. Il Granducato di Toscana aveva come sede due Palazzi: Palazzo Firenze e Palazzo Madama; il Cardinale ospita Caravaggio, che per un periodo dorme a Palazzo Madama. Del Monte è un uomo potente, estremamente colto, ed ha una cerchia di intellettuali, poeti cantanti molto importante. Si innamora immediatamente delle opere di Caravaggio, ne comprerà alcune e gli rimedierà altre commissioni importanti, in primis quella di San Luigi dei Francesi. Il pittore rimane al servizio del Cardinale per circa tre anni.  La fama dell'artista comincia a crescere all'interno dei più importanti salotti dell'alta nobiltà romana. Grazie alle commissioni del suo influente e illuminato prelato, Caravaggio muta il proprio stile, abbandonando le tele di piccole dimensioni e i singoli ritratti, e comincia a realizzare opere complesse, con gruppi di più personaggi descritti in episodi specifici. Nel giro di pochi anni la sua notorietà aumenta. La mostra “Caravaggio 2025” – va detto - non ha traccia di una fondamentale (altra) presenza nella vita del Maestro: quella del marchese Vincenzo Giustiniani, che supporta la carriera di Caravaggio ed ha un ruolo cruciale nel diffondere la sua arte nella Roma del XVII secolo. Collezionista d'arte e ricco banchiere genovese nel giro della corte pontificia, Giustiniani diviene mecenate e  protettore del pittore per molti anni, e colleziona molte sue opere. Lo sostiene economicamente e moralmente, permettendogli di lavorare e di esporre le sue tele. In più di un'occasione, grazie alle sue ramificate influenze, riesce a salvarlo dalle gravi questioni legali nelle quali è spesso implicato per colpa di un'indole aggressiva che ha contribuito a far passare ai posteri la leggenda della sua vita turbolenta, che conobbe molte denunce e più volte il carcere, e si macchiò perfino dell’omicidio di Campo Marzio.  Di ben 15 opere comperate dal marchese Giustiniani, non ne compare nemmeno una in questa mostra. È un punto a sfavore della curatela, e non ne conosciamo i motivi. Che immaginiamo, ovviamente, esistano. Di contro, sono state rese accessibili alla vista alcune delle opere di musei minori americani e non solo, che difficilmente si vanno a cercare in giro per il mondo da semplici turisti. E questo è un punto che ha valorizzato l’exhibition “Caravaggio 2025”.  Forse un po’ troppe, all’interno, le opere provenienti da collezioni private. In ogni caso, si sono in questi mesi potuti ammirare nel percorso espositivo alcuni dei quadri più celebri, affiancati da altri meno famosi ma in ogni caso significativi, che hanno avuto l’intenzione di far riflettere sulla rivoluzione artistica e culturale del Maestro, esplorando per la prima volta, in un contesto ampio, l’innovazione che egli introdusse nel panorama artistico, religioso e sociale del suo tempo.



“Caravaggio 2025” è stata anche l’occasione per vedere di nuovo insieme i tre dipinti commissionati dal banchiere Ottavio Costa, cioè Giuditta e Oloferne di Palazzo Barberini, il San Giovanni Battista del Nelson-Atkins Museum di Kansas City e il San Francesco in estasi del Wadsworth Atheneum of Art di Hartford. 


Tra le opere esposte sicuramente ha colpito i numerosi visitatori l’Ecce Homo (attribuito solo in un secondo momento a Caravaggio; apparso a Madrid nella primavera del 2021 in un catalogo d'asta, inizialmente era stato riconosciuto come opera di  un pittore della cerchia di Jusepe de Ribera, con un valore di partenza di 1500 euro), accanto ad altri prestiti eccezionali come la Santa Caterina del Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, capolavoro già nelle collezioni Barberini che tornerà nel Palazzo che la ospitava, e Marta e Maddalena del Detroit Institute of Arts, per il quale l’artista ha usato la stessa modella della Giuditta conservata a Palazzo Barberini, esposti per la prima volta tutti uno accanto all’altro. Ed ancora, opere legate alla storia del collezionismo dei Barberini, come i Bari del Kimbell Art Museum di Fort Worth, che torna nel palazzo romano dove fu a lungo conservato. Da citare sicuramente anche la presenza dell’importante prestito concesso da Intesa Sanpaolo: Martirio di sant’Orsola, ultimo dipinto del Merisi, realizzato poco prima della sua morte.



Ci piace ricordare che altri capolavori eccelsi del Merisi non potevano far parte della esposizione di Palazzo Barberini, perché si trovano nelle tre chiese romane di San Luigi dei Francesi, di Santa Maria del Popolo e Sant'Agostino. Inamovibili.


San Luigi dei Francesi ospita il ciclo di San Matteo nella Cappella Contarelli, con le tele "La Vocazione di San Matteo", "Il Martirio di San Matteo" e "San Matteo e l'Angelo". A Santa Maria del Popolo, nella Cappella Cerasi, si trovano "La Crocifissione di San Pietro" e "La Conversione di San Paolo".  Nella Basilica di Sant’Agostino, infine, si trova "La Madonna dei Pellegrini" (o di Loreto): opera maestra assoluta e dirompente, che rompe con l’iconografia tradizionale della Vergine.

Siamo verso la conclusione: gli ultimi 4 anni della sua esistenza Caravaggio li trascorre tra Napoli, l’Isola di Malta e la Sicilia.  Muore precocemente all’ età di 39 anni. I dipinti certi realizzati dall'artista sono poco più di una cinquantina, di cui solo due presentano la firma autografa del pittore.

 


Già da vivo, Caravaggio ebbe grande fama a livello internazionale, e dopo la sua morte ispirò la corrente pittorica del caravaggismo, con una forte influenza che esercitò sulla pittura barocca del 1600. Venne poi dimenticato, e fu riscoperto agli inizi del 1900, grazie alla tesi di laurea del grandissimo storico dell’arte Pietro Longhi.

Pittore di sopraffina sensibilità nel rendere le figure umane sia da un punto di vista fisico che emotivo, con un uso scenografico della luce rivoluzionario per il suo tempo, fu un vero mago dell’utilizzo drammatico e teatrale della tecnica del chiaroscuro.  

Gli elementi che ritornano in Caravaggio: realismo crudo e diretto, uso drammatico del chiaroscuro (il Maestro utilizza il contrasto marcato tra luce e ombra per creare un effetto teatrale, drammatico e volumetrico, che mette in risalto i soggetti e accentua le emozioni), il pauperismo, il fatto di rappresentare non solo soggetti religiosi o mitologici, ma  anche scene di genere, nature morte, e ritratti di persone comuni, spesso colte in momenti di intensa emotività (figure umane dalla vita quotidiana, con rughe,  piedi sporchi,  oppure con vesti sdrucite, rattoppate). Caravaggio “obbedisce” alle  indicazioni della Controriforma e rompe con la tradizione accademica, dipingendo soggetti e scene con un realismo senza precedenti, utilizzando modelli dal vero e molte persone comuni, piuttosto che figure idealizzate.  La luce utilizzata, spesso proveniente da una fonte laterale e alta, crea effetti di illuminazione drammatica e direzionale, focalizzando l'attenzione dello spettatore sulle parti più importanti del quadro. Lo spettatore si coinvolge così tanto e diventa parte della scena, che contiene figure senza alcuna mitizzazione. Il tema del momento del passaggio dalla vita alla morte è spesso presente.

Queste principali caratteristiche, insieme alla sua tecnica innovativa, hanno reso Caravaggio un pittore rivoluzionario. Una curiosità: sembra che i forti chiaroscuri – che Caravaggio costruiva attraverso l'uso del bianco - derivassero principalmente dall’effetto della biacca di piombo, realizzata attraverso la macerazione delle lastre insieme ad escrementi. Il composto, fortemente tossico, si dice che potrebbe aver contribuito ai comportamenti  irascibili del pittore.

 

A lungo la sua memoria è rimasta legata più agli aspetti romanzeschi della sua vita che all'effettivo riconoscimento del valore artistico delle sue opere, che è immenso.

Oggi, Michelangelo Merisi detto Caravaggio è di diritto considerato uno dei più famosi rappresentanti dell’arte occidentali di tutti i tempi.


Un genio assoluto.


Lisa Bernardini

 

 

 

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