Halloween tra maschere, paure e identità: il Dr. Adriano Formoso ci spiega
- Rivista LA VOCE
- il y a 7 jours
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E’ iniziato il mese di Ottobre. Tutti conoscono Halloween, ma sono in pochi ad essere informati sulle vere origini nelle quali affonda questa festa antichissima. Col tempo le tradizioni si sono evolute, fino ad arrivare ai giorni nostri. Resta uguale lo spirito originario: una miscela di stupore e paura verso il soprannaturale e tutto ciò che non conosciamo. Come si festeggia Halloween in Francia? Come in gran parte del mondo occidentale: è una festa che viene attenzionata da persone di tutte le età, che si vestono a tema e intagliano le zucche. I bambini bussano alle porte chiedendo: “des bonbons ou un sort?”. Nelle città si trovano ad ogni angolo ragnatele, mostri, costumi “spaventosi”: fantasmi, goblin, streghe, diavoli e vampiri. In occasione del 31 ottobre, in Francia, tutte le grandi città come Parigi rievocano le atmosfere tipiche di questa festività. Vengono organizzati anche dei veri e propri “horror tour” con percorsi presso i cimiteri. Uno di questi è quello monumentale di Père Lachaise, dov’è possibile ammirare le tombe dei più importanti esponenti della letteratura nazionale, di musicisti e compositori del passato. Va molto in voga anche la visita nei sotterranei di Parigi, sotto il livello della strada e che riserva immensi spettacoli, a partire dalle storiche catacombe, fino all’immensa rete fognaria che si estende per chilometri sotto al cielo parigino. Questo e molto altro, in verità, per una festività seguita in moltissimi altri Paesi e che rimanda al mondo anglosassone. La parola Halloween deriva probabilmente dalla frase “All Hallows Eve”, ovvero la notte di Ognissanti, festeggiata appunto il 31 ottobre. Generalmente si fa risalire ad una tradizione cattolica, presente nell’Irlanda Celtica, che sanciva la fine dell’estate. Per quelle popolazioni, la cui economia si basava principalmente sull’agricoltura, era un momento importante che andava festeggiato per ringraziare gli spiriti per i raccolti ottenuti. I colori di questa ricorrenza ricordavano la mietitura con l’arancio, e la fine dell’estate con il nero (per simboleggiare il buio dell’inverno). La ricorrenza veniva chiamata “Samhain”, la celebrazione dell’anno nuovo per l’antico popolo celtico. Era credenza diffusa che gli spiriti potessero tornare in vita sulla terra per possedere i vivi. La tradizione di intagliare le zucche, tipica caratteristica di Halloween, molto probabilmente risale al folklore irlandese.
Quello che è ormai certo è che Halloween è entrato a pieno titolo nella nostra cultura: bambini che bussano alle porte con il sorriso furbo e il sacchetto in mano, feste in maschera, zucche illuminate che sembrano prenderci in giro. Non si tratta solo di folklore, ma di un grande palcoscenico collettivo in cui ci concediamo di essere qualcun altro. Indossare una maschera non è mai un gesto banale: psicologicamente è come un accordo musicale che può armonizzare le emozioni, proteggere dalle note stonate della vita, ma rischia anche di coprire il suono autentico della nostra voce interiore.

Ne parliamo con il dr. Adriano Formoso. Opinionista radiotelevisivo, scrittore e docente universitario, autore di articoli scientifici, Adriano Formoso continua a ispirare con la sua capacità unica di intrecciare musica, psicologia e ricerca tra suono ed emozioni, rendendo l’arte e il suo modo di comunicare un potente mezzo di trasformazione e benessere. Ricordiamo che è il primo cantautore italiano, psicologo, psicoterapeuta, omeopata naturopata ad aver portato la musica in un reparto ospedaliero di ostetricia e ginecologia presso un apprezzato ospedale milanese. Ricercatore nell’ambito delle neuroscienze, Formoso si è dedicato per un decennio allo studio della relazione tra musica, cervello ed emozioni. Nel mondo dello spettacolo e del post-covid ha portato la relazione di aiuto al servizio del benessere psicologico attraverso il suo innovativo Formoso Therapy Show. Questo spettacolo che unisce musica, teatro e psicologia, è stato accolto con entusiasmo in molti spazi scenici italiani, dove lo psicoterapeuta musicista aiuta il pubblico a riflettere su temi legati alla crescita personale e al benessere psicologico.
La paura ad Halloween.
La paura, in questa ricorrenza, non viene rimossa ma messa in scena. Fantasmi, streghe e scheletri diventano strumenti per addomesticare l’angoscia. Indossando un costume spaventoso, i bambini imparano a confrontarsi con ciò che li intimorisce, scoprendo che i mostri possono far ridere o trasformarsi in gioco. È un allenamento emotivo che ricorda la musica: proviamo le note difficili in un ambiente protetto, e poi siamo pronti a suonarle davanti al pubblico. Il bambino impara che anche ciò che lo spaventa può essere tradotto in sorriso e condivisione, ed è questa la vera magia che trasforma l’angoscia in creatività. Ed è proprio qui che risiede l’importanza delle esperienze infantili.

Come viene vissuta ogni emozione nei primi anni, se accolta e trasformata?
Come una partitura che prepara la sinfonia della vita adulta. Un bambino che impara a ridere delle proprie paure, a gestire la tensione di un travestimento o l’attesa di un dolcetto, sarà un adulto più pronto ad affrontare l’imprevisto, più capace di reggere le dissonanze della vita reale. Le piccole prove emotive dell’infanzia sono un’educazione invisibile: insegnano ad abbracciare la vita senza farsi schiacciare da ciò che spaventa, proprio come un musicista che, dopo aver sudato sulle scale difficili, riesce a suonare con naturalezza anche i brani più complessi.
Halloween parla solo ai bambini?
No, parla anche al bambino che continua a vivere dentro ogni adulto. Quella parte spesso rimossa, che chiede ancora gioco, stupore e leggerezza. Indossare un costume, travestirsi da mostro o da personaggio fantastico è un modo per permettere a quella parte infantile di riemergere senza pudore, senza giudizio, con la libertà di esprimersi. L’adulto che accetta di lasciar parlare il suo bambino interiore diventa più autentico, più creativo, meno irrigidito dal dover sempre apparire “serio”. In fondo, ridere con una maschera addosso non è infantilismo, ma un atto di cura verso la propria psiche: è riconoscere che dentro di noi c’è una dimensione infantile che continua a cercare voce, e che va accolta anziché repressa.

Halloween possiamo considerarlo pertanto anche un fenomeno sociale e culturale?
Sì. In un’epoca segnata dall’isolamento, la festa diventa un’occasione per sentirsi parte di una comunità, un po’ come una jam session di quartiere: ognuno porta la propria maschera, il proprio costume, il proprio strumento, e il risultato diventa una melodia collettiva. Inoltre ci mette in contatto con un tema universale, quello della morte, che nella nostra tradizione viene spesso avvolto dal silenzio. Halloween, al contrario, lo espone con leggerezza, ricordandoci che il buio fa parte della vita e che non va né rimosso né trasformato in tabù. La lezione è chiara: l’armonia nasce sempre dall’alternanza tra luce e ombra. E solo il coraggio di ascoltare anche i toni più cupi della nostra interiorità ci consente di riscoprire la melodia autentica del nostro Sé.
Quali sono i suoi consigli, per concludere?
Concedersi la maschera: indossare ruoli diversi può essere liberatorio, purché non si perda il contatto con la propria voce autentica. Giocare con le paure: ridere dei mostri insieme ai bambini significa trasformare l’angoscia in creatività. E poi, accogliere il bambino interiore: concedersi di esprimere la parte infantile che vive dentro di noi non è regressione, ma un atto di cura che dona vitalità e autenticità. Dare infine un significato alla festa: oltre ai dolci, invitiamo i ragazzi a raccontare storie o a riflettere sulla maschera scelta, per crescere nella consapevolezza di sé.
Lisa Bernardini
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