Maria Laura Berlinguer in libreria con “La cena delle anime” (HarperCollins)
- Rivista LA VOCE
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Il romanzo intitolato La cena delle anime (Sa chena pro sos mortos) di Maria Laura Berlinguer, pubblicato in Italia a settembre 2025, contiene una narrazione davvero affascinante, che si sviluppa su due linee temporali, intrecciando la storia di Iride nel presente (2022) con quella della sua trisnonna, Mimì Oppes, alla fine del XIX e inizio XX secolo in Sardegna. La trama ruota attorno a segreti familiari taciuti legati a un antico pozzo sacro nuragico e a una tragedia che coinvolge la morte di diverse donne della famiglia Dessì. Iride, tornata per il funerale del padre, scopre questi misteri grazie all'aiuto di Tata (tzia Manuella) e di Piero Alivesi, rivelando la storia di Mimì, del suo amore impossibile per un uomo, e di come questa ribellione abbia portato a conseguenze oscure e violente. Il romanzo esplora temi come l'archeologia nuragica, le tradizioni sarde, il realismo magico, e il potere dei segreti sulle generazioni successive. Non possiamo spoilerare oltre, ma di tratta di una storia avvincente e piena di pathos, che sarà pubblicata anche in Francia nel 2026/27.

In che modo i segreti familiari non rivelati influenzano i destini delle protagoniste femminili? Accenniamo alle protagoniste del volume.
Nel romanzo La cena delle anime, i segreti familiari sono come vene sotterranee: invisibili in superficie, ma determinanti nel disegnare i percorsi delle protagoniste. Mimì - voce del passato e trisnonna della protagonista del presente - vive in una società sarda di fine Ottocento, ma la sua storia è tenuta nascosta. Iride, la voce del presente, eredita questi silenzi senza conoscerli, ma li percepisce e il non detto plasma le scelte e i desideri. Li intuisce nei gesti delle donne della sua famiglia, nei frammenti che riaffiorano. E sarà solo attraverso il ricongiungimento simbolico con la voce di Mimì, che potrà finalmente dare un senso alle omissioni e trasformarle in parole.
In fondo, questo è un romanzo di trasmissione: ciò che non è stato detto, se ascoltato in profondità, può trasformarsi in verità, e la verità - anche quando fa male - libera.

Come si intrecciano i temi dell'amore proibito, della ribellione sociale e della libertà personale nel racconto?
Nel mondo in cui vive Mimì, l’amore non è una questione privata, è un fatto politico, sociale, morale. L’amore proibito che lei vive è molto più che una passione: è l’unico varco possibile verso la libertà. È una scelta rischiosa e radicale, una forma di ribellione silenziosa contro le regole familiari, religiose, di classe. Ma non c’è retorica, non c’è eroismo romantico. C’è dolore, senso di colpa, contraddizione. Perché in quel tempo - come in molti altri tempi - le donne che amavano fuori dai confini imposti pagavano un prezzo altissimo.
E tuttavia, proprio grazie a quella scelta, Mimì rompe la catena. Non la spezza del tutto, certo. Ma la incrina. E questa incrinatura basta a far filtrare una voce, un’eredità, un gesto di libertà che giunge, molti anni dopo, fino a Iride.
Il centro del romanzo è sicuramente la figura femminile, unita all’importanza degli antenati e delle tradizioni sarde. Quanto è importante la terra di origine nella sua scrittura e nella sua vita?
La Sardegna non è solo uno sfondo nel romanzo: è una presenza viva, aspra. Non la Sardegna da cartolina, ma quella stratificata, contraddittoria, colta, a volte violenta. Nel racconto del passato isolano, si tende a dimenticare l’anima più colta e raffinata dell’isola: quella di uomini e donne che studiavano, viaggiavano, ordinavano abiti a Torino e Parigi, discutevano di filosofia, astronomia, diritto, arte. Erano parte di una società illuminata, capace di animare salotti letterari a Sassari e nei piccoli centri. Una Sardegna in costante fermento, affine allo spirito europeo del tempo eppure profondamente sarda. Scrivere La cena delle anime è stato un atto di riconoscimento verso tutto questo: verso la mia terra e verso le mie antenate. Un modo per ridare voce a storie familiari e collettive che rischiavano di essere inghiottite dal tempo. La mia terra mi abita. È nelle pietre dei nuraghi, nei dolci dei morti, nei panni stesi al sole, nei racconti che ho ascoltato da bambina. Ed è soprattutto nella lingua non detta delle donne che mi hanno preceduta.

L'amore proibito di cui si parla nel libro non è un semplice topos romantico, ma l'unico veicolo radicale attraverso il quale la protagonista principale, Mimì, può realizzare la sua ribellione contro un sistema sociale e familiare che l'ha imprigionata, cercando così di conquistare la sua libertà personale. Vogliamo approfondire questo concetto?
Sì, è proprio così. L’amore proibito, nel romanzo, è un detonatore. Non ha nulla di idealizzato o sdolcinato. È carne, rischio, lotta. È il solo spazio in cui Mimì può scegliere. E la scelta, in un contesto repressivo, è il primo atto di libertà. Attraverso l’amore, Mimì mette in discussione tutto: le gerarchie familiari, le convenzioni sociali, la paura, e trasforma quell’amore in una forza segreta, in una verità che custodisce e che un giorno, forse, potrà trasmettere. È questo che arriva fino a Iride: non tanto il racconto esplicito, ma il desiderio, la forza, l’eco di una donna che ha osato amare secondo la propria legge.
Nella sua esistenza quanto conta essere libera? Il destino di ognuno non deciso dagli altri, ma come frutto di una scelta guidata dalla “bussola del cuore”. C’è molto di lei in questo libro, o sbaglio?
Essere libera, per me, significa avere voce. E sapere che quella voce è mia, e non il riflesso delle aspettative altrui. La cena delle anime è un libro intimo. Scriverlo è stato anche un modo per liberarmi da alcune narrazioni familiari, per riprendere in mano fili dimenticati, per scegliere cosa salvare e cosa lasciare andare.
Certo che c’è molto di me. Non nei fatti, ma nello sguardo.
Nel bisogno di verità, nella fatica del ricordo, nel desiderio di riscrivere il passato per poter abitare con più consapevolezza il presente.Scrivere è stato un gesto di libertà. Forse il più radicale.
Per concludere: quanto è legata alla Francia? Quando è l’ultima volta che l’ha visitata?
Sono legata alla Francia per motivi culturali. Oltre alla sua straordinaria produzione letteraria, filosofica e artistica, questo Paese ha una tradizione profonda nel custodire il bello. È un paese che tutela e valorizza il grande artigianato artistico, un po’ come cerco di fare io da anni con il Made in Italy. Questo amore per il dettaglio, per la memoria, per le radici che diventano stile, è qualcosa che ci unisce. L’ultima volta che ci sono stata? Tre anni fa, in occasione della laurea di mio figlio: un momento di grande gioia.
Lisa Bernardini
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