Bella. Decisamente. E non ci vuole molto a capirlo, basta guardarla.
Anche molto brava. E questa seconda caratteristica non sempre si abbina alla prima. Nel caso di Clarissa Domenicucci, estetica e professionalità convivono per restituire all’interlocutore di turno una immagine rassicurante ed empatica.
Clarissa Domenicucci riceverà prossimamente lo Switzerland Literary Prize - Premio Speciale per il Giornalismo. La cornice, curata dallo scrittore, editore e critico letterario Roberto Sarra (guida infaticabile della Associazione Culturale Pegasus di Cattolica), sarà quella della Lux Art House di Massagno – Lugano.
La nota giornalista romana verrà premiata sabato 28 settembre, e tra i vincitori della sezione Premio Speciale figurano altri professionisti. Qualche nome: Arianna Dalla Zanna (per l’Imprenditoria), Lucia Rubedo (Operatic Pop), Valeria Ancione (alla Carriera), Luigi Fontana (Best Seller fuori concorso).
In attesa della giornata conclusiva dello Switzerland Literary Prize ed. 2024, abbiamo incontrato Clarissa Domenicucci a Roma, ed abbiamo raccolto, in anteprima per la nostra testata, una piacevole chiacchierata.
Per una volta, è lei a rispondere alle domande. Di solito, le interviste la vedono
protagonista dall’altra parte della scrivania.
Clarissa è infatti firma autorevole che spesso leggiamo sulle pagine di Specchio, allegato del quotidiano italiano La Stampa. È anche autrice nel programma di Rai Tre, Re start.
Sei orgogliosa di questo premio?
È il primo riconoscimento internazionale che ricevo per il mio lavoro, ne vado molto fiera.
Quali sono le doti fondamentali per poter fare questo lavoro? Da collega a collega.
L’Empatia, la curiosità e l’onestà intellettuale.
Quando hai deciso che fare giornalismo sarebbe diventato il tuo mestiere?
A dire il vero ho deciso che sarei diventata una scrittrice di fama mondiale e non è ancora accaduto! (sorride) Torno seria: scrivere è il mio talento e il mio pallino da sempre. Ho iniziato con le tv e radio locali, poi ho continuato con Il Messaggero, Repubblica.it, ed ho collaborato per tanti anni con l’ Agi – Agenzia Giornalistica Italia. Poi, la scelta di cambiare rotta, stuzzicata da amici carissimi
che mi chiedevano di fare loro da ufficio stampa. Ho iniziato a dedicarmi al mondo delle pubbliche relazioni, e per anni mi sono occupata di comunicazione.
Ricordiamo uno step professionale dello scorso anno che ti ha regalato molta gioia: sei tornata a scrivere sul quotidiano Il Tirreno attraverso una rubrica dal titolo “Grandi amori”.
Sì vero! In questo spazio settimanale svelo retroscena inediti della vita privata di grandi nomi della politica, della tv e dello sport, che mi hanno raccontato senza risparmiarsi amori che hanno segnato le loro vite (nel bene e nel male). In pratica, ho avuto la possibilità di curare la rubrica che sognavo fin da bambina, che mi dà modo di descrivere le emozioni di importanti personaggi, scoprendoli spesso simili a noi. Sono stati finora con me tutti molto generosi nel condividere i loro mondi.
Chi più degli altri nel raccontarsi?
Direi Francesco Rutelli, Giovanni Malagò, Enrico Vanzina, Vittoria Belvedere.
In un secondo momento sei passata a raccontare i grandi incontri.
Sì, con l’allora direttore Luciano Tancredi abbiamo pensato di allargare il racconto agli incontri della vita, casuali o cercati, e abbiamo raccolto aneddoti deliziosi come quello del giovane Pino Strabioli che nel suo periodo punk si finse un giornalista per conoscere Paolo Poli, col quale poi collaborerà per tutta la vita.
Perché sei tanto incuriosita dagli incontri?
Perché, se è vero che ognuno di noi ha un destino, gli incontri sono la variabile.
Anche per il quotidiano La Stampa - Specchio realizzi interviste a personaggi molto noti. Cosa ti piace di più indagare?
Cosa hanno compreso della vita. Amore, famiglia, amicizia. Sono portata a parlare di sentimenti, di argomenti che riguardano tutti i lettori. Non parlo, insomma, di passarelle al red carpet di Venezia.
Che studi hai fatto?
Liceo classico, e Scienze della Comunicazione all’Università.
Esperienze all’estero?
Sì, ho vissuto per qualche tempo in Brasile, a San Paolo. Scrivevo la tesi su Rete Globo e lavoravo in un’agenzia creativa, ma soprattutto mi divertivo molto.
Il primo lavoro te lo ricordi?
A 14 anni nella casa di produzione di mio papà, Videocam; prima come baby sitter ai bambini durante le pause degli spot dei pannolini, poi in produzione, assistente di studio e alla regia.
E il primo articolo firmato?
Un reportage da Trigoria per Il Romanista. Non posso nascondere la mia fede calcistica, ahimè… (sorride di nuovo).
L’ultimo finora pubblicato, invece?
Un reportage divertente per La Nuova Sardegna su come sia cambiata la Costa Smeralda.
A Re start vi occupate di economia. Ti piace tanto quanto raccontare di grandi amori?
Mi interessano le storie della gente e spesso, purtroppo, quelle legate al fisco, alla sanità o al superbonus sono drammatiche e meritano almeno di essere fatte conoscere al grande pubblico.
In poche risposte, ecco Clarissa. Lo abbiamo premesso: bella e brava.
Lisa Bernardini
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